Testi Critici e Approfondimenti delle Mostre

Sabato 7 Ottobre 2023                                                                     diritti immagine di amaci

14 Giugno 2023
"AperiArte all'ombra dei Gelsi"

Presentazione Laboratorio d'arte e esposizione di Silvia Bruzzi 

Un'occhio vede l'altro sente P.Klee
 

La Galleria d’Arte Contemporanea Wikiarte in Galleria Falcone e Borsellino 2/D Bologna
Dal 17 al 30 Dicembre 2022 Vai alla esposizione

L’atto del sentire, suscitato da uno stimolo: colto dall’occhio, che lo ritiene rilevante, cui la mente si oppone, generando uno stato psichico chiamato emozione. La cui matrice vige in un dipinto, in una foto se non in una scultura che rappresentino, attraverso le rispettive forme e colori, la meta del percorso condotto da ogni artista. La ricerca dello strumento ideale che azzeri la distanza tra la visione interiore e la sua rappresentazione, di cui l’opera generata altro non è che il miglior riflesso: tangibile e condiviso, ma pur sempre personale. Dai cui insieme vibra una sola voce collettiva, come l’eco di un coro, i cui timbri e toni dei componenti conservano le rispettive individualità e possibilità espressive. Distinte tra loro ma al contempo raccolte, con sistemica armonia, come le stelle del firmamento: nell’intento compiuto di esprimere ed interpretare la magia dell’arte, cogliendo l’invito a lasciarci sedurre dalla sua innata poesia.

Testo critico e presentazione: Pietro Franca


di Silvia Bruzzi il testo critico della stessa opera

Titolo: Equilibri Instabili Tecnica: Mista ( cretacolor, oro mat acrilico e oro )

 I sentimenti ci portano a perdere l'equilibrio. Non ci aiutano nel compito di essere presenti a noi stessi e spesso ci fanno vedere in modo sfalsato la realtà. Nella danza la centratura è fondamentale per poter stare in equilibrio, anche se in posizioni difficili e a volte impossibili. La stessa importanza ha la nostra mente, nel rimandarci simulacri di realtà a volte sbagliate. In questa costante metamorfosi di equilibri instabili, si compie la nostra vita. Una continua dicotomia del vuoto e pieno, del buio e luce, dell'armonia e del caos, della sofferenza e dell'AMORE: Unico fine dell'esistenza. La scelta del verde smeraldo è perché è l'unico colore ad avere una connotazione sia calda che fredda. Il verde è il mio colore preferito rimanda alla natura e mi da una sensazione di armonia. I due "oro" simboleggiano una sorta di divino, di spinta verso pensieri alti, belli, puri. L'oro mat invece intorno alla figura, è lo stato di metamorfosi in cui l'equilibrio è incostante e quindi non chiaro, fluttuante. La posizione della figura è improbabile, ma i danzatori spesso riescono in imprese uniche. L'allungamento e la tensione è al massimo e in contrasto con la parte inferiore, che è tesa ma rilassata allo stesso tempo. L'anatomia è resa senza volumi solo con la linea e le forme dei muscoli, per rimandare a un "qualcuno" di ieratico. Non c'è da spaventarsi, bisogna solo allenarsi (come fanno i danzatori) a tendere i nostri pensieri e centrarli per non oscillare in queste continue dicotomie che porterebbero solo sofferenza, invece è molto importante imparare a stare in equilibri instabili ben centrati. Silvia Bruzzi

18° Giornata del Contemporaneo 

"Storie tra segno e colore"

Sabato 8 ottobre 2022 torna la Giornata del Contemporaneo, la grande manifestazione promossa da AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e realizzata con il sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e la collaborazione della Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. 

Nella sua diciottesima edizione – che come tradizione si svolgerà su tutto il territorio nazionale, coinvolgendo musei, fondazioni, istituzioni pubbliche e private, gallerie, studi e spazi d’artista – la Giornata del Contemporaneo torna a ottobre, in presenza, con l’obiettivo di raccontare la rinata vitalità dell’arte contemporanea nel nostro Paese, dopo le restrizioni dovute a due anni di pandemia. La manifestazione manterrà comunque un formato ibrido, fisico e digitale, per favorire e valorizzare la partecipazione più ampia possibile con proposte online e offline, e avrà come filo conduttore il tema dell’ecologia, connesso a quello della sostenibilità: urgenze globali che ci mettono di fronte alla necessità di ripensare il sistema dell’arte contemporanea tramite una rinnovata consapevolezza e una più diffusa sensibilità. 

Per dare corpo a questa riflessione, le Direttrici e i Direttori dei musei associati hanno deciso di affidare a Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) la realizzazione dell’immagine guida della manifestazione Leggi tutto      Testo di proprietà di AMACI


https://www.amaci.org/insights

Essere Mare Agosto 2022

 Dal 1 Agosto al 31 Agosto 2022 Cervia
presso le Officine del Sale Cervia
 
Collettiva d'Arte Opere di
Silvia Bruzzi, Francesca Rocchi e Alessandra Montanari
'Essere mare in tre diverse preposizioni.
Tra il mare e la terra Francesca, con le sue ceramiche, interpreta così il suo essere mare.
Al mare, guardando il tramonto e il gioco delle onde è essere mare per Silvia.
Nel mare, nelle sue profondità popolate di micro e macro esseri che sono mare per per Alessandra'

Archetipo 2.0.2.1.
L'Archetipo come simulacro inutile, imperfetto, da ricostruire ogni volta.
ogni lavoro riguarda un mio periodo e approfondisce gli etimi delle parole
ogni parola ha una radice come un pianta cresce e si trasforma nel tempo e nello spazio  Visita la pagina

Indefinita

"Indefinita" 1/08/2019-31/08/2019   Officine del Sale- Cervia 
testo critico a cura di Daniela Ventura- Vai alla pagina
​Silvia Bruzzi è una artista bolognese che spesso definisce se stessa “artigiana”.
Diplomata all'Accademia d'Arte della sua città, ha partecipato a stage, corsi di perfezionamento, elaborazione di progetti. Diverse sono le collettive alle quali ha preso parte e diverse le mostre da lei organizzate presso lo “Spazio Zampieri” e il Laboratorio Artistico che gestisce nella sua città. Silvia ha una personalità poliedrica e quindi numerose sono le sfaccettature della sua arte o meglio delle tecniche artistiche che utilizza per esprimere sé stessa: l'olio, le matite, l'acquerello, l'incisione a punta secca e, per finire, la ceramica raku. “Non sono mai stata capace di dedicarmi ad una sola tecnica. Mi sentirei un po' sminuita...anche se i grandi artisti spesso si sono specializzati in un genere, un linguaggio che fosse loro più consono. I più, però, sono passati anche per numerose sperimentazioni. Io forse sono ancora nella 'fase sperimentale'...e forse non ne uscirò mai!”
Silvia, inoltre, cerca di trasmettere le proprie conoscenze e le capacità tecniche nei momenti artistici che gestisce con un successo nel suo Laboratorio di via D. Zampieri, 4/A a Bologna. Non solo lezioni di disegno, pittura, incisione o raku, ma anche un continuo impegno nell'educare ai valori dell'arte e della natura, nel cercare di trasmettere agli allievi – adulti o bambini - l'importanza di riuscire a provare quella soddisfazione che sempre ti dà la creazione di un manufatto proprio.  La ceramica raku Silvia Bruzzi è molto legata alla lavorazione della ceramica raku, poiché si sente particolarmente vicina alla filosofia che l'ha ispirata. Dice Silvia: “ Il termine raku è una parola giapponese usata per esprime il concetto della gioia di vivere che provi quando sei rilassato e stai bene con te stesso. L'anima stessa del raku, poi, è rappresentata dallo stretto legame degli elementi naturali – Terra, Acqua, Aria, Fuoco – che collaborano con l'arista alla creazione delle sue opere. La cosa bella è che spesso durante le varie fasi della lavorazione avvengono delle reazioni chimiche inaspettate, per i più diversi motivi. E l'oggetto risultante non è così come te lo aspettavi! Una stupenda sorpresa quasi ogni volta...” Il raku è una tecnica di cottura dell'argilla, anzi di una qualità di argilla particolarmente dura e refrattaria visto il calore al quale essa deve essere sottoposta in cottura. L'invenzione del raku è attribuita ad un artigiano coreano del XVI secolo d.C. che la mise a punto durante una serie di esperimenti per produrre un materiale adatto alla cerimonia del tè, che fosse, inoltre, in perfetta sintonia con la filosofia zen. Infatti, questa tecnica rappresenta la sintesi perfetta dell'utilizzo di terra, aria, acqua e fuoco. Inoltre il termine si riferiva, un tempo, anche al sobborgo di Kyōto nel quale si estraeva l'argilla durante il XVI secolo. Circa due secoli dopo la sua invenzione, i maestri giapponesi, che lavoravano l'argilla in questo modo, scrissero un dettagliato manuale per diffondere la tecnica con la necessaria precisione ed è così che il raku è arrivato anche in occidente ed oggi, nei musei di tutto il mondo, si possono ammirare delle vere e proprie opere d'arte create seguendo i dettami di quell'antico trattato.  Dopo aver modellato e cotto a 900-1000° C un pezzo in argilla refrattaria bianca, si procede alla decorazione usando ossidi o smalti, ad esempio per ottenere un bel verde si utilizza l'ossido di rame. Oppure si può decorare l'argilla tramite riduzione cioè in assenza di ossigeno. Dopo aver foggiato ed essiccato all'aria il manufatto, lo si cuoce una prima volta. Poi lo si toglie incandescente dal forno e lo si mette in un bidone con carta e paglia che ne favoriscono la fumigazione. Se si chiude completamente il contenitore, in modo che non entri aria, si ha una riduzione totale e si ottiene un oggetto nero; tecnica questa già in uso anche presso gli etruschi che, però, usavano un tipo diverso di terra. Si può, comunque, modificare la riduzione in base ad una serie di variabili: il combustibile (il suo potere di combustione, la sua umidità), il tempo che intercorre tra l'estrazione e la riduzione (cioè il tempo di contatto con l'ossigeno), la copertura - totale o parziale – dell'oggetto. Si avrà così una terracotta che vira dal nero al grigio chiaro. Quindi la si decora e si passa ad una seconda cottura.    Daniela Ventura

Arte a Palazzo Galleria Farini Bologna 

Arte a Palazzo 2/02/2019-12/02/2019
Galleria Farini Roberto Dudine e Grazia Galdenzi Vai alla Pagina
"Ero, sono sarò"     E' questo l'evocativo titolo dell'opera presentata a PalazzoFantuzzi in occasione della XXIII
Collettiva Internazionale d'Arte dall'Artista e maestra bolognese Silvia Bruzzi.
Un acquerello estremamente suggestivo, fortemente caratterizzato da un precisa scelta cromatica e che pare, in alcune sue parti , dissolversi. Silvia Bruzzi, magistrale nell'uso di differenti e complesse tecniche artistiche, provenienti anche dalle tradizioni orientali, sposa le dinamiche di una pittura che non fissa le immagini perchè esse si cristallizzino in modo freddo, bensì lascia che le sue opere, in un certo senso, vivano, al di là della lavorazione, ben oltre la compiutezza tecnica.
Senza ripercorrere l'intera carriera della Bruzzi, basterà soffermarsi sull'opera in catalago: "Ero, sono sarò" Sin dal titolo ,
non si farà fatica a comprendere quanto l'artista abbia travalicato i limiti spaziotemporali per perseguire una processualità nuova, tale da affidare alla materia un ruolo fondamentale ed al soggetto la parte di un valido ripensamentodegli archetipi accademicamente intensi. La donna, in questo caso particolare, assume carattere protagonista, accentuando persino una valenza dei tratti universalmente autobiografici, in cui all'icona-archetipo, per l'appunto, si una affianca una ricerca interiore ed esitenziale di profonda ricchezza e significato. I moti interiori divengono fonte di narrazione, oggetto di sintensi compositiva
che va alla ricerca dell'essenza più pura, nel solco di una filosofia artistica che prescinde dalla rapprensentazione.
In questo acquerello, la protagonista appare come un entità, quasi fluttuante, emblema onirico di una dimensione afferente ad un surreale misconosciuto, ove azione e presenza tendono al pensiero ed alla forma nella sua più intriseca rivelazione. Quelle che la stessa Bruzzi chiama 'metamorfosi' appaiono come evocative immagini di qualcosa d'altero, non del tutto svelato, compito, invero, che spetta al fruitore, nell'ambito della propria lettura interpretativa.  Ecco, dunque, che la Bruzzi apre, in tutta la sua ricerca e poetica, un delicato quanto ficcante dialogo con l'osservatore, al quale tende la mano, tende dei fili che giungono da un affascinante altrove per ritornare, poi, piena identità nel nostro reale. Il processo di costruzione ontologico messo in atto da Silvia Bruzzi non può che restare un un orizzonte aperto , fluido, pronto a mutare per rigenerarsi, perpetuamente.
                                                                                                                      Galleria Farini Roberto Dudine e Grazia Galdenzi

Segni Diversi

“Segni Diversi"- Inaugurazione ore 16   ​14° GdC- Giornata del Contemporaneo
Sabato 13 ottobre 2018   LEGGI IL TESTO CRITICO     AMACI.ORG
Recensione di Daniela Ventura      SEGNI DIVERSI
​Un'amicizia artistica nata sulla base di un comune background di studi – 
presso l'Istituto d'Arte e l'Accademia di Bologna –
è ciò che unisce Silvia Bruzzi ed Alessandra Montanari. Accomunate anche dall'interesse per l'incisione a punta secca e l'acquerello, esse differiscono sia nel segno che nella scelta dei soggetti.
Silvia Bruzzi, con tratti decisi, raffigura nelle stampe soprattutto monumenti ed edifici della sua città, mentre con gli acquerelli fa piroettare sulla carta ballerine in tutù, danzatori moderni o 
torna al tema dalla città in chiave onirica.
Alessandra Montanari predilige comunque la natura: gli alberi, le foglie, le piante perdute sono senz'altro i soggetti che ama maggiormente, forse anche per i suoi studi universitari alla Facoltà di Agraria. Alessandra ha esercitato la sua passione per la biologia e la zoologia, illustrando diversi volumi scientifici ed ha affinato le tecniche dell'acquerello in un corso presso il Kew Garden di Londra. Le sue incisioni, come gli acquerelli, sposano la precisione scientifica con l'amore forte e palpabile per una natura a rischio. Alessandra Montanari, inoltre, esprime la sua creatività con istallazioni artistiche di notevole effetto, utilizzando materiali diversi: il vetro soffiato, stoffe di lino o di canapa, carta, strumenti a percussione...; 
 mentre Silvia Bruzzi ama profondamente la lavorazione della ceramica “raku”.
In perfetta sintonia con la filosofia zen, questa tecnica rappresenta la sintesi degli elementi naturali, poiché alla creazione di un qualsiasi oggetto creato con il raku concorrono Terra, Aria, Acqua e Fuoco.
Sia Silvia che Sandra cercano di trasmettere le proprie conoscenze e capacità tecniche nei laboratori artistici che gestiscono con un certo successo; non solo, ma si impegnano anche nell'educare ai valori dell'arte e della natura, oltre a cercare di trasmettere agli allievi l'importanza di riuscire a provare quella soddisfazione che sempre ti dà la creazione di un proprio manufatto.  D. Ventura

Monocromo

3 Giugno- 8 luglio 2018
“Monocromo”, collettiva a cura di Silvia Rossi in collaborazione con ExpArt Studio&Gallery.
Poppi Arezzo   LEGGI IL TESTO CRITICO
LA MOSTRA
“Monocromo” è il titolo e il tema della nuova mostra alla Galleria SanLorenzo Arte
Quattordici gli artisti scelti per creare una narrazione dalla valenza prevalentemente cromatica,
 sia che essa si poggi su opere astratte,
sia che lo faccia su quelle figurative, andando a indagare la potenza emotiva che il colore può scatenare nell'osservatore.
Un percorso vibrante, scandito dal variare dei colori, che dal bianco virano al blu, al beige, al rosso e di nuovo al bianco.
La collettiva è un’affascinante passeggiata all'interno dei cromatismi  scelti dagli autori per intensificare e 
valorizzare i propri contenuti,   che spaziano da un'astratta forma fino a un sinuoso corpo nudo.
La valenza monocromatica dei lavori ne accentua lo studio formale e compositivo, l'attenzione alle luci e alle ombre, il significato profondo, strettamente interconnesso alla cromia scelta.
“Monocromo” è quindi l'occasione per un itinerario artistico estremamente mutevole, volubile e a tratti imprevedibile. La scansione dei colori e il loro cambiamento, passo dopo passo, ci accompagnano infatti nell'analisi emozionale delle opere e dell'impatto che esse hanno su di noi.
“Il colore è un mezzo di esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto,
 l'occhio il martelletto che lo colpisce, l'anima lo strumento dalle mille corde”.  Kandisky
Silvia Rossi - ExpArt Studio&Gallery Bibbiena

Venice

Daniela Ventura - 4 Maggio 2018- Galleria Farini a Venezia
Galleria Farini Grazia Galdenzi     Roberto Dudine ​
Doppia Recensione per questa Collettiva D'Arte a Venezia    Seconda recensione Leggi tutto
LEGGI IL TESTO CRITICO
Prima recensione
Il raku è una tecnica di cottura dell'argilla, anzi di una qualità di argilla particolarmente dura e refrattaria visto il calore al quale essa deve essere sottoposta in cottura.
L'invenzione del raku è attribuita ad un artigiano coreano del XVI secolo d.C. che la mise a punto durante una serie di esperimenti per produrre un materiale adatto alla cerimonia del tè, che fosse, inoltre, in perfetta sintonia con la filosofia zen. Infatti, questa tecnica rappresenta la sintesi degli elementi naturali, poiché alla creazione di un qualsiasi oggetto creato con il raku concorrono Terra, Aria, Acqua e Fuoco.
Circa due secoli dopo la sua invenzione, i maestri giapponesi, che lavoravano l'argilla in questo modo, scrissero un dettagliato manuale per diffondere la tecnica
con la necessaria precisione ed è così che il raku è arrivato anche in occidente.
Oggi, nei musei di tutto il mondo, si possono ammirare delle vere e proprie opere d'arte create
seguendo i dettami di quell'antico trattato.

   Silvia Bruzzi è un'artista molto legata alla lavorazione della ceramica raku, poiché si sente particolarmente vicina alla filosofia che l'ha ispirata. Dice Silvia: “ Il termine raku è una parola giapponese usata per esprime il concetto della gioia di vivere che provi quando sei rilassato e stai bene con te stesso.
Contemporaneamente, un tempo, si riferiva anche al sobborgo di Kyōto
 nel quale si estraeva l'argilla durante il XVI secolo.
   Mi dà grande soddisfazione creare oggetti artistici usando questa tecnica. Dopo aver modellato e cotto a 900-1000° C'è un pezzo in argilla refrattaria bianca, si procede alla decorazione usando ossidi o smalti,  ad esempio per ottenere un bel verde si utilizza l'ossido di rame.  Oppure si può decorare l'argilla tramite riduzione cioè in assenza di ossigeno.  Dopo aver foggiato ed essiccato all'aria il manufatto, lo si cuoce una prima volta. Poi lo si toglie incandescente dal forno e lo si mette in un bidone con carta e paglia che ne favoriscono la fumigazione. Se si chiude completamente il contenitore, in modo che non entri aria, si ha una riduzione totale e si ottiene un oggetto nero.
E questa tecnica era già in uso anche presso gli etruschi...Ma possiamo modificare la riduzione in base ad una serie di variabili: il combustibile (il suo potere di combustione, la sua umidità), il tempo che intercorre tra l'estrazione e la riduzione (cioè il tempo di contatto con l'ossigeno), la copertura - totale o parziale – dell'oggetto. Ed avremo così una terracotta che vira dal nero al grigio chiaro. Quindi la si decora e si passa ad una seconda cottura.
   Possiamo quindi dire che l'anima stessa del raku sia proprio lo stretto legame
con gli elementi naturali che collaborano con l'arista alla creazione delle sue opere.”

E quale soggetto migliore del mare può esserci per rappresentare la natura?
L'acqua di quel mare che a Venezia percorre i sinuosi canali, passa sotto i ponti, lambisce le fondamenta delle case e dei palazzi fino a risalire gli scivoli degli squeri, anche i meglio nascosti, ed infine si ritrae, in un lento movimento di flusso e riflusso, in accordo con la luna. Un labirinto d'acqua in cui è così piacevole perdersi.
   Se poi il mare è solcato da un veliero, ecco che abbiamo la perfetta metafora della vita. La nostra vita che nasce nell'acqua dell'utero materno, solca onde ora placide, ora tumultuose, fino ad accompagnarci all' “Isola dei Morti”.
Daniela Ventura
Guarda l'esposizione e scarica l'invito

Arte a Palazzo

NOVEMBRE 2016 Recensione Catalago Arte a Palazzo Galleria Farini
LEGGI IL TESTO CRITICO
SILVIA BRUZZI
"La ricerca di un canone anatomico non era solo studiato per risolvere i problemi legati alla proporzione delle singole parti nella forma umana, ma era in primis la ricerca formale e filosofica sull'uomo.
Le mie donne sono sfuocate, sospese a pezzi a volte sensuali a volte quasi invisibili."
­Con queste parole l'artista bolognese Silvia Bruzzi presenta parte del suo lavoro, in quella è ravvisabile come una ben più ampia parabola, composta da pittura, didattica dell'arte e, in speciale modo, insegnamento e educazione all'arte dei più piccoli, certamente sul solco della lezione storica di Picasso.
Silvia cela già nella sua biografia una peculiare affezione per l'arte, come quando, racconta, sin da bimba tentava di ricopiare i disegni di una sua zia. Da un gioco alla realtà e il percorso di studi tradizionale e accademico, sia di matrice pratica con il diploma di Maestro d'Arte e in Scultura, sia l'approccio teorico,
con il percorso del DAMS e dell'Accademia.
Molto studio, tanti i linguaggi esperiti e perfezionati, oltre alla pittura e alla scultura, anche la tecnica incisoria, l'acquarello, il gessetto, la ceramica, tanche che, ad oggi, la sua cultura si suddivide sia nella branca della didattica,
 con laboratori per grandi e piccini, sia nella personale affermazione, mediante mostre,  
premi e gradimenti da parte del pubblico e della critica.
 
Giunge con un curriculum davvero notevole ed eclettico alla mostra Arte a Palazzo- Dinamiche del Contemporaneo dove presenta l'opera intitolata FormeEterne, facente parte di una serie di dipinti dedicata alla danza
che dà corso a  quell'ultima citazione che ho riportato della Bruzzi:
 Le mie donne sono sfuocate, sospese a pezzi a volte sensuali a volte quasi invisibili."
Se dunque, osserviamo l'opera FormeEterne, parrà di seguire la lezione di Warburg e di Greimas , secondo cui l'antico ritorna nell'arte del presente, in foggia non di copia ma di pensiero e osservazione del reale che in quanto idea, riesce a rinnovarsi. Perché, in fondo, osservando le gambe ed i piedi sulle punte, raffigurati, non si potrà non immaginare una della sale da danza dipinte da Dégas, per esempio, più di un secolo fa.
L'artista emiliana ha determinato un processo costruttivo per pur abbandonando cause e paternità varie, trova nel soldo della tradizione pittorica ma anche culturale il suo punto d'avvio. La danza, quale espressione primigenia sia di una liturgia arcana che di una dialettica del corpo e della presa di coscienza dello spazio,
si sostanzia in questa traduzione, parziale, tassellare. Ciò che, invero, noi vediamo è solo qualcosa che stiamo immaginando,  é una parte di una narrazione, di una azione, di una scena più ampia,  di cui non riceviamo dall'artista altre informazioni. Tuttavia, ciò non limita la fruizione, la fascinazione che l'immagine è in grado di generare. A tale trasognato svelamento, quasi voyeuristica visione, corrisponde una tecnica che pare esse fatta di materia onirica, di surreale consistenza, di fluidi messaggi. Le gambe protagoniste sono solo due e il resto è il loro movimento nello spazio, vero o no, poco importa, ipnoticamente
 l'osservatore si lascia guidare da ciò che sulla tavola accade.
                                                                   Roberta Frabetti Galleria Farini Grazia Galdenzi Roberto Dudine

ARTicolata

Ottobre 2015: recensione della giornalista e scrittrice Sabrina Bagatta
"...Arte è multiforme rappresentazione del pensiero, ruscello di idee che
sfocia in qualcosa in cui è bello immergersi per lasciarsi
avvolgere e trasportare via, seguendo ulteriori nuove correnti.
Arte è confronto di punti di vista, esplosione a volte prepotente,
altre volte più timida, di immaginazione resa tangibile dall’abilità.
Soprattutto, tra i tanti aggettivi che le sono propri e scusandomi
per il gioco di parole, l’arte é ARTicolata, proprio come il titolo dato
all’esposizione di tre creativi che hanno inaugurato
un nuovo punto di riferimento per le esposizioni bolognesi (Spazio Zampieri)
nel corso dell’undicesima Giornata del Contemporaneo.
Silvia Bruzzi, Alessandro Sun e Progetto MM
con questa esperienza hanno raccontato al mondo
quanto fare arte possa essere eterogeneo eppure aggregante.
Dall’acquerello alla decorazione, passando per le tarsie lignee,
questa collettiva temporanea ha dato modo di scoprire il vero ingegno.
Fantasia ed esperienza hanno dimostrato la perfetta fusione,
unendo l’ideale al reale. Questo è fare arte. Questo è talento."
Sabrina Bagatta   giornalista e scrittrice

“La sottile trasparenza dell'acqua ”

Rencesione del critico d'arte Dott. Simone Fappanni
LA POESIA IMMAGINATIVA DI SILVIA BRUZZI
"Silvia Bruzzi è autrice di un acquerello essenziale, in cui il soggetto rappresentato,
un piccolo volatile, viene definito attraverso una pennellata che tende a far vibrare
i tratti che definiscono la sagoma dell’animale.
In questo modo si ha, al contempo un effetto di “apparizione” e di simultanea
 “dissoluzione” del soggetto raffigurato, in un continuo alternarsi di velature
che conferiscono all’insieme un particolare effetto dinamico.
Acuta e delicatissima, la pennellata di questa originale interprete della pittura
con i colori ad acqua risulta estremamente efficace anche laddove,
come in questo caso, si predilige un realismo simbolico anziché didascalico,
lasciando così all’osservatore il compito – davvero intrigante – di “completare”,
 con lo sguardo e con la mente, ciò che viene appena accennato
sulla superficie liscia della carta.
Non a caso, Silvia Bruzzi riesce a coinvolgere tante persone in intriganti
performances creative aventi come fulcro la pittura ad acquerello,
spesso considerata, a torto, semplice e tutto sommato abbastanza sbrigativa".
 Dott. Simone Fappanni     www.webalice.it/fasimo